Maggio 2016

venerdì 13 maggio

A Roma nella Sala della Regina a Montecitorio, l’Associazione Triestini e Goriziani in Roma “Gen. L. Giorgieri” in collaborazione con l’Associazione Giuliani nel Mondo e il Liceo scientifico e musicale “Guglielmo Marconi di Pesaro ha organizzato il 13 maggio 2016 un incontro commemorativo in ricordo di mons. Antonio Santin. Il titolo E quello sguardo che si perde lontano – Monsignor Antonio Santin: una vita per la sua gente evoca l’opera dell’arcivescovo di Trieste negli anni difficili della seconda guerra mondiale e del dopoguerra.

Il Presidente dell’Associazione Triestini e Goriziani in Roma, Roberto Sancin ha aperto l’incontro introducendo i temi dell’evento dedicato ad un grande personaggio della storia del ‘900. Il presidente dei Giuliani nel Mondo, Dario Locchi ha portato i saluti di tutte le persone che rappresenta a livello internazionale. Tra i presenti il direttore dell’Associazione Giuliani nel Mondo di Trieste Fabio Ziberna.

Un commovente ricordo dell’Arcivescovo Antonio Santin è stato tracciato da Don Ettore Malnati, vicario episcopale per la Cultura e il Laicato della Diocesi di Trieste, che è stato segretario di mons. Santin per più di dodici anni acquisendo una profonda conoscenza della figura che ha rappresentato più popolazioni di varie lingue e religioni. Ha ricordato che mons. Santin ha incentrato la sua esistenza per la diffusione del Vangelo e per la ricerca del Regno di Dio e della Sua giustizia. Ha rischiato la vita per l’amore verso gli altri assumendo un ruolo importante in molte situazioni delicate e momenti difficili. Come egli stesso amava ripetere, egli parlava e agiva per il bene di tutti comunque la pensino, ovunque si trovino. Egli, primo di undici figli, nacque a Rovigno il 9 dicembre 1895 in una famiglia umile di pescatori com’egli stesso ha raccontato nei suoi ricordi pubblicati nel 1978 nel volume “ Al tramonto, ricordi autobiografici di un vescovo”. Consacrato sacerdote dal vescovo di Trieste mons. Karlin, a Zaticna, il 1°maggio 1918, Santin celebra la prima S. Messa a Vienna tra i profughi di Rovigno e di Pola dove in seguito resterà per quindici anni. “Gli anni più belli” scrisse. Don Malnati si è soffermato su due episodi che mettono in luce il coraggio e la forza d’animo dell’Arcivescovo Santin: il primo in riferimento all’incontro nel 1938 con Mussolini in difesa degli Ebrei che Santin si prodigò ad aiutare e a salvare in tutti i modi, il secondo si colloca nel 1945 quando egli “salvò” Trieste dalla minaccia della distruzione avanzata dai Tedeschi che accettarono di conferire unicamente con lui. Santin dunque fu l’unico interlocutore con i Tedeschi in quelle ore drammatiche. Inoltre Santin si propose, assieme ad altri 15 sacerdoti, in cambio ai prigionieri malati. Don Malnati ricorda che suo padre fu preso prigioniero assieme a Indro Montanelli il quale ebbe sempre rispetto nei confronti di Santin come uomo di Fede. Santin percepì il radicale rinnovamento che il Concilio Vaticano II esigeva: Egli si considerava un servitore della Chiesa, dedito ad alleviare le sofferenze dei poveri e a lottare per la libertà nel rispetto e stima delle istituzioni. Durante la dittatura fascista ha difeso gli sloveni e la loro lingua.

La prof.ssa Donatella Schürzel ha ripercorso le tappe dell’intensa vita del vescovo di Trieste e di Capodistria, considerato “defensor civitatis”con l’appellativo di “Vescovo con gli speroni”a dimostrazione della sua tenacia e del suo coraggio. Ella si è soffermata sul profondo apostolato, sull’empatia che Santin aveva per tutti compresi i fedeli delle terre istriano-dalmate, ovvero delle sue terre lasciate e compiante. Santin frequenta il ginnasio di Capodistria poi il seminario a Maribor per entrare in seguito nel monastero dei Cistercensi di Zaticna, in Carniola, poi vive a Vienna e in seguito a Pola per 15 anni. Viene nominato vescovo di Fiume dove resta per 5 anni, infine nel 1938 viene trasferito a Trieste. Durante gli ultimi giorni della seconda guerra mondiale la Sua opera di mediazione con i Tedeschi fu fondamentale. Si rivolse anche al popolo esortandolo alla calma intesa non come debolezza, ma come atto di coraggio, di decisione, di speranza nella pace e nella ricostruzione. Quel radiomessaggio che invitava fermamente alla calma per evitare distruzione e sangue, trasmesso il 29 aprile ’45, fu ascoltato da tutti i Triestini. Mons. Santin ebbe influenza in altri momenti storici: nei tormentati anni successivi trattò con gli Jugoslavi e poi con gli Anglo-americani, nel 1947 subì un’aggressione a Capodistria senza lasciarsi poi intimorire; si pose tra la folla e la polizia durante i disordini a S. Antonio nel novemnre 1953. La Sua intensa attività ecumenica si realizzò in mirabili iniziative: l’inaugurazione del Seminario e la Casa del Clero, il Tempio a Maria Madre e Regina sul Monte Grisa di Trieste per compiere il voto del 30 aprile 1945 per la salvezza della città; la Casa Stella del Mare e tante altre Chiese. Nel 1963 venne insignito del titolo di arcivescovo da papa Paolo VI. Nel gennaio del 1971 presentò la rinuncia alla diocesi che ottenne dopo quattro anni, nel 1975, a testimonianza della stima e dell’affetto di tutti i fedeli. Si ricorda che il 1975 venne stipulato il trattato di Osimo che sanciva la cessione alla Jugoslavia della Zona B. Mons. Santin morì il 17 marzo 1981 all’età di 85 anni. Le Sue spoglie riposano nella Cattedrale di S. Giusto di Trieste.

La cerimonia è proseguita con un reading teatrale con musiche dal vivo di Bach, Mozart e Verdi, proposto dagli studenti del Liceo scientifico musicale “Guglielmo Marconi” di Pesaro. Una performance che si è già aggiudicata il secondo premio ex aequo nel concorso “Identità e memoria” indetto dal Miur e dalle associazioni degli esuli giuliano dalmati. L’esibizione è stata corredata da toccanti e suggestive immagini di mons. Santin e dei luoghi a lui cari.

Le parole di Suor Maristella Palac hanno commosso l’uditorio per l’empatia e la condivisione dei sentimenti di tanti esuli presenti nella Sala.

Sono stati letti, infine, alcuni saluti istituzionali tra i quali quello del vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi: «Il vescovo Santin non solo promosse l’annuncio del Vangelo in tempi difficili come quello delle leggi razziali, della tragedia delle foibe e della Risiera di San Sabba, ma fu anche “defensor civitatis”, perché la barbarie fosse stigmatizzata e sconfitta e vigesse, nel vivere civile, il senso della giustizia, della libertà e della reciproca accoglienza». La presidente della Regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, nella sua lettera ha sottolineato il «ruolo di assoluta rilevanza morale e storica» di Santin, «un uomo di fede con la schiena dritta: che non si asservì alla dittatura fascista, che qualche anno più tardi nel ’45 trattò la resa del presidio tedesco salvando dalla distruzione Trieste e il suo porto, ma che due anni dopo subì a Capodistria una violenta aggressione da parte dei militari jugoslavi, in quanto figura di riferimento della popolazione italiana in quella fase storica vittima delle ritorsioni e dei soprusi». Il sindaco di Trieste Roberto Cosolini ha inviato una nota per celebrare «la carismatica personalità di monsignor Antonio Santin, che fu vescovo di Trieste in uno dei periodi più difficili e controversi della storia della città». Infine anche il capogruppo del Pd alla Camera dei deputati, Ettore Rosato ha voluto mettere in luce «l’immagine di una persona “vera”, partecipe del proprio tempo come il più umile dei suoi fedeli e contemporaneamente consapevole del ruolo e della missione che essere parte così elevata della Chiesa gli conferiva».

2 giugno 2016                                                                             Adriana Martinoli

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Scriveva Biagio Marin

“Molte delle cose dette e fatte da Monsignor Santin portano inevitabilmente il segno del tempo e soggiacciono – come tutto ciò che è umano – al giudizio della storia. Ma bisogna saper vedere al di là del contingente, ciò che costituisce l’essenza stessa di una vita, ciò che né il tempo, né gli uomini potranno cancellare, perché radicato in Qualcuno che non dimentica e non inganna.”

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Monsignor Antonio Santin il Vescovo di Trieste mentre imbarca sulla T/n AUSONIA foto tratta dall’opuscolo del Tempio nazionale a Maria Madre e Regina Monte Grisa

 


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Stimato presidente Sancin,

pur ostacolata da impegni inderogabili, è tuttavia con vero piacere e sincera partecipazione che desidero unirmi spiritualmente a voi nelle commemorazioni di mons. Antonio Santin, cui avete avuto la cortesia di invitarmi e per cui La ringrazio vivamente.

Un evento che la Regione Friuli Venezia Giulia ha inteso sostenere, nella convinzione del ruolo di assoluta rilevanza morale e storica ricoperto da Monsignor Santin per oltre trent’anni come Vescovo di Trieste, dopo essere stato alla guida della Diocesi di Fiume.

Non è certo un caso che egli sia stato considerato il “defensor civitatis” delle terre che abbracciano il confine orientale della nostra Regione. Perché ci sono degli uomini che per la loro umanità, unitamente al loro coraggio, riescono ad essere riconosciuti, nella drammaticità di certi frangenti segnati da un vuoto di potere, come delle guide in grado di rappresentare e difendere un’intera comunità.

Questo infatti è il tratto della profonda impronta che ha lasciato Monsignor Santin. Un uomo di fede con la schiena dritta: che non si asservì alla dittatura fascista, che qualche anno più tardi nel ’45 trattò la resa del presidio tedesco salvando dalla distruzione di Trieste e il suo Porto, ma che due anni subì dopo a Capodistria una violenta aggressione da parte dei militari jugoslavi, in quanto figura di riferimento della popolazione italiana in quella fase storica vittima delle ritorsioni e dei soprusi.

La sua popolarità e il suo essere riconosciuto come un’autorità istituzionale, oltre che morale, non conobbe uguali negli anni che seguirono alla sua scomparsa. L’immagine di Monsignor Santin davanti alle bare dei caduti del ’53 per l’italianità di Trieste e quella che lo vide nel ’66 a fianco degli operai del Cantiere San Marco minacciato di chiusura, rappresentano la grandezza di un uomo di Chiesa che ebbe la capacità di stare sempre dalla parte della gente, con un atteggiamento che – anche laicamente – possiamo definire di vero amore nei confronti del prossimo.

Una storia, quella di Monsignor Santin, ancora di straordinaria attualità che va conservata nella nostra memoria, affinché quell’esempio e quei valori possano aiutarci a superare le difficoltà di questi nostri tempi.

Con questi pensieri in animo, dunque, auguro il miglior successo a questa meritoria iniziativa promossa dall’Associazione Triestini e Goriziani di Roma in collaborazione con il Liceo Scientifico e Musicale “Guglielmo Marconi”. Ad entrambi i sodalizi invio, unitamente al mio personale, i complimenti e il saluto della Regione Friuli Venezia Giulia.

Debora Serracchiani


dal Piccolo di Trieste del 15 maggio 2016

Monsignor Santin ricordato anche a Roma

La cerimonia in Parlamento promossa da Associazione Triestini e Goriziani e dai Giuliani nel Mondo

A Roma, per ricordare monsignor Antonio Santin. Si è svolta ieri, nella Sala della Regina in Parlamento, la cerimonia organizzata dall’Associazione Triestini e Goriziani in Roma “Generale Licio Giorgieri” in collaborazione con l’Associazione Giuliani nel Mondo e il Liceo musicale di Pesaro. Un appuntamento – dal titolo “E quello sguardo che si perde lontano – Monsignor Antonio Santin: una vita per la sua gente” – voluto per rammentare l’opera dell’ex vescovo di Trieste nel terribile periodo della seconda guerra mondiale e del dopoguerra. Alla presenza dei presidenti dei Giuliani nel Mondo, Dario Locchi, e del sodalizio romano, Roberto Sancin, del direttore dell’Agm di Trieste Fabio Ziberna, del docente Samuele Ceccotti e della presidente del comitato romano dell’Anvgd Donatella Surzel (che ha firmato la relazione finale), è stato don Ettore Malnati, vicario episcopale per la Cultura e il Laicato della Diocesi di Trieste, a tracciare il ricordo di Santin, del quale lo stesso Malnati fu segretario per più di dodici anni.

Gli studenti del Liceo musicale di Pesaro hanno poi proposto un reading teatrale con musiche dal vivo di Bach, Mozart e Verdi. Una performance frutto del progetto andato ad aggiudicarsi il secondo premio ex aequo nel concorso “Identità e memoria” indetto dal Miur e dalle associazioni degli esuli giuliano dalmati. Nel corso della cerimonia, sono stati letti alcuni saluti istituzionali. A iniziare da quello del vescovo di Trieste Giampaolo Crepaldi: «Il vescovo Santin non solo promosse l’annuncio del Vangelo in tempi difficili come quello delle leggi razziali, della tragedia delle foibe e della Risiera di San Sabba, ma fu anche “defensor civitatis”, perché la barbarie fosse stigmatizzata e sconfitta e vigesse, nel vivere civile, il senso della giustizia, della libertà e della reciproca accoglienza».

La presidente della Regione Fvg, Debora Serracchiani, nella sua lettera ha sottolineato il «ruolo di assoluta rilevanza morale e storica» di Santin, «un uomo di fede con la schiena dritta: che non si asservì alla dittatura fascista, che qualche anno più tardi nel ’45 trattò la resa del presidio tedesco salvando dalla distruzione Trieste e il suo porto, ma che due anni dopo subì a Capodistria una violenta aggressione da parte dei militari jugoslavi, in quanto figura di riferimento della popolazione italiana in quella fase storica vittima delle ritorsioni e dei soprusi».

Anche il sindaco di Trieste Roberto Cosolini ha inviato una nota per celebrare «la carismatica personalità di monsignor Antonio Santin, che fu vescovo di Trieste in uno dei periodi più difficili e controversi della storia della città». Infine, il capogruppo del Pd alla Camera dei deputati, Ettore Rosato: «Credo che il suo ricordo (di Santin, ndr) oggi sia ancora così vivo perché ci restituisce l’immagine di una persona “vera”, partecipe del proprio tempo come il più umile dei suoi fedeli e contemporaneamente consapevole del ruolo e della missione che essere parte così elevata della Chiesa gli conferiva».

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Prof. Cenerelli e Coro del Liceo Musicale di Pesaro

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Francesca e Roberto Sancin
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Dario Locchi – Presidente Giuliani nel Mondo – Ts
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Intervista a Mons. Malnati
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Mons. Malnati

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